Friday, November 27, 2009
Il ddl in Piazza
Sembra che qualcuno abbia proprio deciso di procedere contro il DDL. Ecco i dettagli:
FACCIAMO IL PROCESSO AL DDL
Piazza Lima, 26 novembre ore 18.30
Il Giudice pronuncia la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità del disegno di legge n. S 1880, per violazione degli artt. 3, 24, 101 e 111 Costituzione,
visti gli interventi del difensore dell’imputato, dei difensori delle parti civili e infine del pubblico ministero.
* * * * *
IN FATTO
Il disegno di legge sulla durata indeterminata dei processi, presentato al Senato della Repubblica il 12 novembre 2009, introduce disposizioni che mirano, secondo le intenzioni del legislatore, a ridurre i tempi dei processi e quindi a garantire ai cittadini tempi rapidi di giustizia, con ciò dando piena attuazione all’art. 111 della Costituzione e all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In particolare, la durata di ciascun grado di giudizio verrebbe ridotta a due anni, decorsi i quali si avrebbe l’estinzione del processo.
La garanzia della ragionevole durata del processo, inoltre, si attuerebbe, stando alla lettera della norma, con l’esclusione di certi reati e solo per le persone che sono incensurate.
Il Pubblico Ministero chiede la condanna di tale disegno di legge, sostenendo la lesione del principio di uguaglianza fra cittadini, del diritto ad agire in giudizio e vedersi garantita una risposta da parte dello Stato e dello stesso principio di ragionevole durata del processo.
IN DIRITTO
Innanzitutto occorre rilevare come dall’applicazione di queste norme che limitano la durata di ciascun grado di giudizio a due anni, vengano esclusi una serie di reati e una certa categoria di soggetti.
Quanto ai primi si sostiene che essi non debbano godere della riduzione dei tempi perché si tratta di reati gravi o di allarme sociale.
In questo modo si attua una discriminazione non solo fra chi ha commesso questi reati e chi no, ma anche tra le vittime dei primi e le vittime dei secondi, perché a queste ultime non verrà assicurata una risposta da parte dello Stato, a causa del limite di tempo oltre il quale il processo si estingue.
Sotto questo profilo, pur non volendo sindacare la sfera di discrezionalità del legislatore, non si può non rilevare come manchi una solida ragione giustificatrice intorno alla scelta di escludere dall’applicazione del disegno di legge alcuni reati e dunque togliere alla vittime di questi la possibilità di ottenere giustizia.
Quanto poi alla discriminazione che si attua con riferimento all’autore del reato, occorre sottolineare come sia fortemente lesivo del principio di uguaglianza la previsione di un trattamento diverso fra autori di reati sulla base della loro condizione personale.
Infatti chi ha riportato una precedente condanna o è delinquente o contravventore abituale o professionale non potrà usufruire del più vantaggioso regime di estinzione del processo.
Sotto questo profilo non si rintraccia, e neppure la difesa pare soffermarsi su questo punto, alcuna ragione giustificatrice che possa rendere ragionevole una simile scelta.
Inoltre occorre rilevare come effettivamente il mezzo predisposto, e cioè un meccanismo che estingue i processi, non corrisponda all’intenzione dichiarata del legislatore di velocizzare i tempi della giustizia. In questo modo infatti i processi non si faranno più.
A questo riguardo non si possono sottacere gli effetti di una simile riforma sul piano delle strategie difensive. Infatti la difesa degli imputati sarà portata ad allungare ancora di più i tempi del processo al fine di arrivare alla consumazione del termine dei due anni, dopo i quali il processo, appunto, si estingue.
In definitiva, dunque, il disegno di legge reca in sé uno strumento che si vorrebbe teso alla realizzazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, ma che si rivela sproporzionato e dunque irragionevole rispetto all’obbiettivo di garantire l’attuazione del principio di ragionevole durata del processo, poiché si porta all’estinzione un numero rilevante di processi.
P. Q. M.
IL GIUDICE
condanna il disegno di legge n. S. 1880 per i capi di imputazione a lui ascritti, e cioè la violazione degli articoli 3, 24, 101 e 111 della Costituzione.
Per i motivi sopra esposti impone il ritiro dello stesso e dunque l’interruzione immediata del procedimento legislativo in corso.
Così deciso in Milano, nella sede del Tribunale ordinario di Zona 3.
FACCIAMO IL PROCESSO AL DDL
Piazza Lima, 26 novembre ore 18.30
Il Giudice pronuncia la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità del disegno di legge n. S 1880, per violazione degli artt. 3, 24, 101 e 111 Costituzione,
visti gli interventi del difensore dell’imputato, dei difensori delle parti civili e infine del pubblico ministero.
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IN FATTO
Il disegno di legge sulla durata indeterminata dei processi, presentato al Senato della Repubblica il 12 novembre 2009, introduce disposizioni che mirano, secondo le intenzioni del legislatore, a ridurre i tempi dei processi e quindi a garantire ai cittadini tempi rapidi di giustizia, con ciò dando piena attuazione all’art. 111 della Costituzione e all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In particolare, la durata di ciascun grado di giudizio verrebbe ridotta a due anni, decorsi i quali si avrebbe l’estinzione del processo.
La garanzia della ragionevole durata del processo, inoltre, si attuerebbe, stando alla lettera della norma, con l’esclusione di certi reati e solo per le persone che sono incensurate.
Il Pubblico Ministero chiede la condanna di tale disegno di legge, sostenendo la lesione del principio di uguaglianza fra cittadini, del diritto ad agire in giudizio e vedersi garantita una risposta da parte dello Stato e dello stesso principio di ragionevole durata del processo.
IN DIRITTO
Innanzitutto occorre rilevare come dall’applicazione di queste norme che limitano la durata di ciascun grado di giudizio a due anni, vengano esclusi una serie di reati e una certa categoria di soggetti.
Quanto ai primi si sostiene che essi non debbano godere della riduzione dei tempi perché si tratta di reati gravi o di allarme sociale.
In questo modo si attua una discriminazione non solo fra chi ha commesso questi reati e chi no, ma anche tra le vittime dei primi e le vittime dei secondi, perché a queste ultime non verrà assicurata una risposta da parte dello Stato, a causa del limite di tempo oltre il quale il processo si estingue.
Sotto questo profilo, pur non volendo sindacare la sfera di discrezionalità del legislatore, non si può non rilevare come manchi una solida ragione giustificatrice intorno alla scelta di escludere dall’applicazione del disegno di legge alcuni reati e dunque togliere alla vittime di questi la possibilità di ottenere giustizia.
Quanto poi alla discriminazione che si attua con riferimento all’autore del reato, occorre sottolineare come sia fortemente lesivo del principio di uguaglianza la previsione di un trattamento diverso fra autori di reati sulla base della loro condizione personale.
Infatti chi ha riportato una precedente condanna o è delinquente o contravventore abituale o professionale non potrà usufruire del più vantaggioso regime di estinzione del processo.
Sotto questo profilo non si rintraccia, e neppure la difesa pare soffermarsi su questo punto, alcuna ragione giustificatrice che possa rendere ragionevole una simile scelta.
Inoltre occorre rilevare come effettivamente il mezzo predisposto, e cioè un meccanismo che estingue i processi, non corrisponda all’intenzione dichiarata del legislatore di velocizzare i tempi della giustizia. In questo modo infatti i processi non si faranno più.
A questo riguardo non si possono sottacere gli effetti di una simile riforma sul piano delle strategie difensive. Infatti la difesa degli imputati sarà portata ad allungare ancora di più i tempi del processo al fine di arrivare alla consumazione del termine dei due anni, dopo i quali il processo, appunto, si estingue.
In definitiva, dunque, il disegno di legge reca in sé uno strumento che si vorrebbe teso alla realizzazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, ma che si rivela sproporzionato e dunque irragionevole rispetto all’obbiettivo di garantire l’attuazione del principio di ragionevole durata del processo, poiché si porta all’estinzione un numero rilevante di processi.
P. Q. M.
IL GIUDICE
condanna il disegno di legge n. S. 1880 per i capi di imputazione a lui ascritti, e cioè la violazione degli articoli 3, 24, 101 e 111 della Costituzione.
Per i motivi sopra esposti impone il ritiro dello stesso e dunque l’interruzione immediata del procedimento legislativo in corso.
Così deciso in Milano, nella sede del Tribunale ordinario di Zona 3.
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